Non possiamo fare a meno delle relazioni: ce lo conferma il nostro “cervello sociale”

Oggi vogliamo parlarvi della necessità dell’uomo di relazionarsi con gli altri e del concetto di condivisione.

Gia 2500 anni fa, nel primo libro della Politica, Aristotele scriveva :O anthropos physei politikon zoòn”,  “L’uomo è per natura  un animale sociale”.

Nel termine politikon Aristotele racchiude uno dei caratteri più propri dell’essere umano, la sua “politicità”, il suo essere della polis, della città, del popolo,il suo bisogno di confronto e di rapporto con gli altri. Ma questo bisogno non è legato solo alla relazione ma anche al processo della conoscenza. Non possiamo trovare il sapere in noi: dobbiamo fare esperienze, della natura che ci circonda, degli oggetti che la compongono, e soprattutto dell’altro. Lo scambio delle opinioni, il dialogo, il rapporto con i nostri simili ci arricchisce e contribuisce al nostro processo di formazione, ci apre a nuove conoscenze, a nuove idee, a nuovi punti di vista.

Molti secoli dopo, all’inizio dell’800 un altro filosofo, Hegel, ritorna sul tema della necessità dei rapporti sociali.

Questo bisogno nasce dall’incapacità della coscienza individuale di comprendersi e riconoscersi in autonomia. L’intersocialità, è di fondamentale importanza perché il singolo  individuo possa capire prima di tutto se stesso. Possiamo essere “per noi“, ovvero riconoscere cosa siamo, se innanzitutto siamo “per l’altro“, e viceversa. Gli altri sono necessari a noi come noi siamo necessari agli altri.

Come era stato per Aristotele, per Hegel senza l’esperienza del mondo e della socialità rimaniamo vuoti, chiusi in un mondo illusorio, incapaci di vedere quello che realmente ci circonda.

Oggi le neuroscienze ci confermano che l’uomo ha un “cervello sociale”, ovvero gli scienziati hanno dimostrato l’esistenza di circuiti cerebrali coinvolti nella formazione della consapevolezza di sé e dell’empatia.

Il cervello sociale si basa su due elementi: i neuroni specchio e la teoria della mente.

I neuroni specchio si attivano quando osserviamo le azioni o le espressioni emotive altrui. Per cui, quando guardiamo una persona che fa qualcosa o prova un sentimento specifico, è come se la stessimo facendo noi o provando noi in prima persona. In qualche modo, quindi, l’essere umano si appropria dei sentimenti e delle emozioni altrui. Questo meccanismo, che è uno dei principali del cervello sociale, è definito “effetto contagio” .

L’altro grande sistema che forma il cervello sociale è la teoria della mente. La teoria della mente si riferisce alla capacità di rappresentare la nostra mente e quella degli altri ovvero la capacità di interpretare e predire i comportamenti altrui attraverso la comprensione di specifici stati mentali. Per stati mentali si intendono sentimenti, pensieri, credenze, desideri e via dicendo.

Praticamente è quello che accade quando vediamo una persona che fruga nelle sue tasche e noi supponiamo che abbia dimenticato le chiavi. Questa supposizione può verificarsi solo perché il nostro cervello è stato capace di interpretare il suo comportamento.

 

Tutto questo ampio preambolo serve a dire cosa?

Che l’uomo è stato capace di evolversi e arrivare fino a dove siamo grazie al suo cervello e che il suo cervello gli ha consentito di evolversi grazie alle sue capacità sociali!

E, anche se oggi viviamo in una società caratterizzata da valori individualistici ed utilitaristici, la vita e la storia ci insegnano che la socializzazione, la condivisione, l’empatia, la cooperazione tra gli uomini sono le condizioni cui il nostro cervello sociale naturalmente tende.

La solitudine, dunque, è una condizione innaturale per il nostro cervello sociale e quando le persone sono sole viene alterato il modo in cui il cervello rappresenta le relazioni.

In una ricerca pubblicata nel 2020 su The Journal of Neuroscience, è stata esaminata tramite risonanza magnetica funzionale  l’attività cerebrale dei 43 partecipanti  mentre pensavano a se stessi, agli amici intimi, ai conoscenti e alle celebrità. Pensare a qualcuno di ogni categoria corrispondeva nella corteccia prefrontale mediale a un diverso modello  di attività : uno per il sé, uno per gli amici e conoscenti e uno per le celebrità. Più stretta è la relazione, più lo schema assomigliava a quello visto quando si pensava al sé. L’attività legata al pensare al sé era maggiormente diversa dall’attività legata al pensare agli altri, mentre l’attività legata al pensare agli altri era più simile tra le varie categorie sociali. In altre parole, le persone più sole hanno una rappresentazione neurale “più solitaria” delle loro relazioni.

 

Questa pensiamo possa essere la condizione di chi sente solo perché bullizzato e discriminato!

Questa pensiamo possa essere la condizione di chi sente solo perché vittima di Grassofobia e Body Shaming!

Una condizione di privazione di quello cui, per natura, il suo cervello sociale tende!

 

Per questo, è sempre più urgente creare innanzitutto delle zone di comfort in cui sia possibile un confronto senza pregiudizi e stereotipi ma anche spazi di condivisione di esperienze e storie, dove la condivisione, appunto, possa essere estremamente liberatoria dal punto di vista individuale ma anche profondamente educativa a livello di collettività.

E’ necessario anche fare molta informazione sulla discriminazione basata sul corpo e sulla necessità di liberarsi dall’ossessione del corpo e della cultura della dieta per sentirsi definitivamente valorizzati e considerati  non per un solo aspetto di sé ma per la totalità del proprio essere.

In questa ottica, Move2Europe Aps, e il Body Liberation Network di cui fa parte, si stanno muovendo in Italia e in Europa.

Ma è necessario l’aiuto di tutti! In nome del nostro essere uomini e donne politici! In nome del nostro cervello sociale!

Seguiteci e partecipate alle nostre attività! La prima davvero importante, è il questionario “Storie di Corpi Grassi” che trovate qui https://rb.gy/dp4qu8.

Ci aiuterete a creare un’ampia base di dati per individuare lo stato attuale della discriminazione basata sul peso e sul corpo in Italia.

Ma dateci anche suggerimenti, scriveteci i vostri pensieri e le vostre storie, insieme proveremo a dare vita a piccoli cambiamenti dai quali partire per  generare cambiamenti più grandi.

Perché, ricordiamocelo sempre, “Il Personale è Politico!”

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