Abbiamo parlato QUI della ricerca “Population structure of modern-day Italians reveals patterns of ancient and archaic ancestries in Southern Europe [La struttura della popolazione degli italiani moderni rivela modelli di ascendenze antiche e arcaiche nell’Europa meridionale]”.
Si tratta del più grande studio di genetica della popolazione italiana, che ha evidenziato la notevole eterogeneità del nostro patrimonio genetico ed ha messo in luce la presenza di un contributo genetico mai evidenziato prima, frutto di un processo di espansione delle popolazioni dal Caucaso all’Italia circa 4.000 anni fa, e il maggior contributo di DNA neandertaliano nel nord della penisola.
Ma cerchiamo di capire meglio di che cosa si tratta.
“L’analisi genetica, condotta allineando le mutazioni genetiche in più di 1.500 italiani, ha permesso di osservare come, sebbene le differenze tra individui di diverse regioni sia molto bassa, la geografia abbia un ruolo fondamentale nella distribuzione della variabilità genetica: individui che provengono dalle stesse aree geografiche sono geneticamente più vicini tra loro di quanto lo siano rispetto a quelli più distanti geograficamente. Sono stati successivamente paragonati i segmenti di DNA di questi gruppi con quelli di gruppi di popolazioni europee e mondiali per stimare l’origine spaziale e temporale di questi frammenti di DNA.
E’ emerso che il grado di differenziazione genetica tra gli italiani provenienti da aree diverse del Paese è confrontabile con le differenze che si osservano tra diversi gruppi europei: in pratica, tra nord e sud Italia si osservano differenze paragonabili a quelle che distinguono ad esempio un danese da uno spagnolo. Inoltre, tali differenze sono più ampie di quelle osservate all’interno delle popolazioni europee fino a oggi studiate. Il motivo di tale eterogeneità è dovuto, almeno in parte, alla moltitudine di migrazioni che hanno interessato la nostra penisola, susseguendosi in periodi storici e preistorici e che, favorite dalla posizione geografica dell’Italia, hanno introdotto nei genomi degli italiani frammenti di DNA provenienti da altri gruppi, vicini e lontani. [In questo ambito così delicato, è opportuno però ricordare che le popolazioni umane si differenziano in maniera molto limitata, dal momento che condividono gran parte del loro DNA: le differenze che si possono riscontrare in media tra due soggetti presi a caso dalla popolazione mondiale sono intorno allo 0.1% (1 differenza e 999 somiglianze!)]
Le radici della nostra relativamente elevata variabilità vanno ricercate sia nelle migrazioni storiche che in quelle più antiche. Per queste ultime, in particolare, il consenso generale suggeriva che i genomi della maggior parte delle popolazioni europee, così come anche gli italiani, contenessero le tracce di tre “gruppi ancestrali” associati principalmente a tre cambiamenti demografici avvenuti nel Mesolitico (con gruppi di cacciatori-raccoglitori), Neolitico (agricoltori) ed Età del Bronzo (pastori nomadi Yamnaya delle steppe asiatiche).
Lo studio ha permesso d’individuare in Italia la presenza di una nuova componente, maggiormente presente nei genomi degli italiani del sud. Le analisi del DNA in questo lavoro, che comprende anche i dati disponibili da precedenti pubblicazioni ottenuti dallo studio di ossa umane antiche, suggerirebbero che questa componente fosse già presente in Italia almeno 4.000 anni fa, prima dell’influenza della Grecia Classica nella regione. Questo contributo, che avrebbe coinvolto inizialmente popolazioni geneticamente affini ai gruppi moderni presenti nel Caucaso, sarebbe arrivato in Italia meridionale nel corso di un processo di espansione comprendente anche la parte meridionale dei Balcani.
Inoltre, la ricerca ha confermato la presenza di un ulteriore e più recente segnale, già descritto in precedenti pubblicazioni (ad esempio qui e qui), presente in maniera significativa nei gruppi del Sud Italia: associato alle popolazioni nordafricane e mediorientali, risalirebbe a circa 1.000 anni fa, periodo in cui nell’Italia meridionale e in particolar modo in Sicilia iniziarono le prime invasioni arabe che portarono al dominio islamico intorno al XII secolo.
Ma la storia della popolazione italiana non è finita qui. Circa 50.000 anni fa, poco prima dell’arrivo in Italia della prima componente legata a gruppi di raccoglitori e cacciatori, gli uomini moderni che avevano appena lasciato l’Africa si incontrarono con i nostri parenti più stretti (evolutivamente parlando), i Neandertal. L’eredità di tale incontro è presente in tutte le popolazioni presenti fuori dal continente africano ed è stimata intorno al 2% (percentuale di DNA neandertaliano in popolazioni al di fuori dell’Africa Sub-Sahariana).
Nella ricerca si è cercato di quantificare questa antica impronta genetica in Italia e in Europa. Lungo la penisola è stato osservato un contributo maggiore di DNA neandertaliano negli italiani del nord rispetto a quelli del resto d’Italia, inclusa la Sardegna, e più DNA neandertaliano nei popoli nord-europei rispetto a quelli nel sud del continente. Sebbene una piccola parte di queste differenze possa essere spiegata da fenomeni di selezione naturale, la maggior parte della variazione geografica nella quantità di DNA neandertaliano è probabilmente dovuta ai diversi eventi di migrazione e mescolamento che le popolazioni in Italia e in Europa avrebbero sperimentato nel corso della loro storia.
Da questo viaggio nel passato dei nostri geni, abbiamo capito che l’Italia è stata il teatro di una lunga serie di migrazioni che si sono susseguite nel corso dei secoli e millenni e che ancora oggi arricchiscono il “bel Paese” dall’alto delle Alpi fino alla punta della sua isola più meridionale, Lampedusa. È l’insieme di tutti questi contributi che si sono susseguiti e sovrapposti nel tempo che ha generato il ritratto genetico di quelli che sono oggi gli “italiani”, un cocktail genetico e culturale in continua evoluzione.” [ dal sito scienzainrete.it]
Tutto ciò premesso, ancora pensiamo ai caratteri dell’italianità e agli immigrati che non possono essere italiani?