La disuguaglianza non conviene a nessuno: le nuove frontiere dell’economia femminista

Cosa fare per superare il gender gap nella politica, nella partecipazione economica, nell’istruzione?

 

L’economia moderna ci offre un punto di vista di genere molto interessante, l’Economia Femminista.

Questo approccio nasce agli inizi degli anni Ottanta, negli Stati Uniti, quando gli economisti hanno iniziato a considerare le differenze di genere in maniera più approfondita, non solo dal punto di vista quantitativo. Ad esempio, sono iniziati gli studi  sul tasso di occupazione femminile mentre in passato si prestava attenzione a questi indici solo declinati al maschile. La riscrittura di questi paradigmi ha rappresentato una vera rivoluzione!

Oggi, infatti, abbiamo la possibilità di misurare in dettaglio il divario di genere in vari aspetti della vita economica, dalla retribuzione alla partecipazione al lavoro domestico, perché ci sono indagini che raccolgono questo tipo di informazioni.

La teoria economica femminista osserva un sistema economico che si basa sulla disuguaglianza di genere e la nutre e, a fronte di questo, fa proposte per un’economia diversa, dove esiste un modo per produrre, scambiare, consumare e prendersi cura che sfida i rapporti di dominio e pone la vita al centro.

L’economia di genere mainstream classica e neoclassica, infatti, ha come punto di riferimento la crescita dei mercati, la crescita continua e lineare del PIL e la produzione di ricchezza.

In questa ottica, il lavoro corrisponde a tutte le attività umane che sostengono la vita, non solo quelle svolte in cambio di reddito.

Ecco quindi che le famiglie e le reti sociali emergono come sfera economica non monetizzata, in cui esistono molte forme di lavoro non retribuito , cure domestiche, lavoro di cura, di sussistenza, di comunità, ecc., lavori invisibili, storicamente assegnati alle donne, eseguiti in modo gratuito o sottopagato, che sono essenziali per il funzionamento dell’economia e la generazione di benessere.

Nell’ottica dell’economia femminista, quindi, è necessario capovolgere il sistema economico mainstream, mettendo al centro le condizioni per una vita che meriti di essere vissuta e comprendendo che questa è una responsabilità condivisa che si realizza erodendo le relazioni  etero-patriarcali che sostengono il sistema stesso.

Secondo Azzurra Rinaldi, economista femminista, docente di Economia politica all’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza, nonché Direttrice della School of Gender Economics, autrice del libro “Le donne non parlano di soldi”, infatti, se il 60% delle donne (percentuale che corrisponde alla quota di lavoratrici del nord Italia) avesse un impiego, otterremmo un incremento del PIL del 7% (stime della Banca d’Italia) e ancora, secondo la Commissione Europea, le attività compensative per gestire le situazioni di discriminazione, disuguaglianza e violenza nei confronti delle donne costano complessivamente ai Paesi membri UE 370 miliardi di euro. Bastano questi due elementi per chiarire come i temi delle pari opportunità, dell’inclusione economica delle donne, del contrasto alla violenza economica riguardino la collettività, hanno un impatto non solo sulle donne ma su tutta la popolazione. Ma c’è anche un terzo dato, in questo caso qualitativo. Secondo Standard & Poor’s, la forza lavoro femminile e il capitale umano femminile è mediamente più formato di quello maschile, e a livello globale ha la singola opportunità di crescita più forte. Mettere barriere alla crescita professionale delle donne toglie opportunità di miglioramento all’azienda stessa, oltre che e allo sviluppo dell’economia in generale. …  Ciascuno di noi ha ancora grandi molte responsabilità nelle grandi come nelle piccole scelte quotidiane, come usiamo il linguaggio, come prendiamo decisioni nella nostra vita famigliare così come nell’azienda in cui lavoriamo, come educhiamo le nostre figlie e i nostri figli, come facciamo sentire la nostra voce alle istituzioni. Dà speranza vedere che nelle giovanissime generazioni c’è un atteggiamento diverso, c’è una sensibilità molto forte rispetto ai temi della diversity e dell’inclusione, c’è un forte senso etico. Mettiamo le giovani generazioni nelle condizioni di non ripetere gli errori che che abbiamo fatto da millenni fino a oggi.

[ Superare il gender gap crea sviluppo per il Paese ]         

L’economia è una scienza nata con gli uomini e per gli uomini. Nel 1800 è stata fatta una scelta precisa: sin da subito è stato chiarito chi doveva stare a casa gratis e chi doveva andare fuori a guadagnare. Economiste donne sono state depredate dei propri lavori da parte dei colleghi che hanno vinto Nobel al posto loro. Però abbiamo assistito al fatto che l’economia mainstream, così come l’abbiamo conosciuta sino ad oggi, ha fallito. Se si capisse che la disuguaglianza con conviene a nessuno e che la parità apporta guadagno ad un Paese, in termini di crescita del Pil, si potrebbe invertire la rotta.[ La disuguaglianza economica non conviene a nessuno ]

Riscriviamo le regole: donne, denaro e il potere della sorellanza | Azzurra Rinaldi | TEDxVene

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